ORVIETO – Charmie, Jekie, Bernie e Agata. Sono medici senza camice ma in grado di aiutare a vivere meglio la malattia. Golden Retriever color miele, dal pelo lungo e dalla dolcezza infinita che portano gioia ai venti ospiti della residenza protetta per anziani “Casa di riposo San Giorgio” di Orvieto gestita dalla Cooperativa Il Quadrifoglio.
E loro li aspettano, attendono con ansia il venerdì per poterli rivedere, per poter giocare con loro, per poter, almeno per un’ora, sorridere veramente. Si chiama “pet therapy”, una terapia, appunto, in grado di sollecitare i meccanismi cerebrali dell’attenzione, stimolare il coordinamento psicomotorio, riaccendere motivazioni, aiutare a relazionarsi evocando emozioni positive, stimolazioni tattili piacevoli.
Il “Progetto sperimentale di Pet Therapy per anziani, con particolare attenzione alle demenze”promosso dall’associazione Alzheimer Orvieto – Onlus (co-finanziato con i fondi dell’8 per mille della Chiesa Valdese) con la collaborazione dell’associazione Anucss di Roma, che da anni si occupa di interventi assistiti con gli animali, ha preso il via il 18 marzo e prevede una durata di sei mesi.
“Si tratta di un progetto sperimentale – spiega Laura Pettitioperatrice dell’associazione Anucss – che ha l’obiettivo di utilizzare l’impiego del cane attraverso interventi ludico-ricreativi finalizzati a migliorare il benessere degli anziani ospiti della Residenza Protetta, con particolare attenzione ai pazienti affetti da demenze”.
Una volta a settimana, dunque, due operatori, ognuno alla guida di due cani, insieme al personale della residenza, e uno psicologo, incontrano gli ospiti della struttura. E sono momenti di una tenerezza struggente quelli che ne nascono. Ecco che quello sguardo fisso a terra di Sergio diventa un po’ più leggero alla ricerca di quell’amico a quattro zampe che gli lecca la mano. Bernie invece, è accanto a Maria, sembra volerla proteggere, le prepara la strada per la passeggiata.
“Sono immagini che lasciano il segno – continua Laura – ogni volta è una scoperta nuova, ogni volta ci sentiamo più ricche perché vediamo quanto i nostri anziani beneficiano del contatto con gli animali. E’ ovvio che non può essere una cura quella della pet therapy, non sostituisce le medicine, ma, sicuramente aiuta ad alleviare la tristezza di una malattia alienante come la malattia di ‘Alzheimer o le demenze in generale”. Venerdì prossimo termineranno le attività propedeutiche necessarie per la pre-selezione dei pazienti potenzialmente inseribili nel progetto. Infatti nelle attività successive verranno coinvolti i pazienti più recettivi, quelli cioè che hanno risposto positivamente ai primi incontri, escludendo quelli che hanno manifestato paure o allergie.
Verranno quindi costruiti degli schemi di intervento, con attività a piccoli gruppi o individuali, a seconda dell’obiettivo individuato per ciascun anziano. Dal 6 maggio inizieranno i 4 mesi finalizzati ai percorsi delle Attività Assistite con gli Animali (A.T.A) on una media di 1 incontro a settimana per un totale di 16 incontri. “Il progetto, che ha una valenza sperimentale e si inserisce nell’impegno dell’associazione Alzheimer Orvieto, intende promuovere le terapie non farmacologiche per la cura dei malati di Alzheimer e altre demenze – spiega Fabio Salomone vice presidente dell’associazione Alzheimer Orvieto e responsabile del progetto – prevede alla fine dei sei mesi una verifica con il personale della struttura sugli effetti registrati sui pazienti coinvolti e l’impegno, attraverso la ricerca di nuovi finanziamenti, di riproporre attività analoghe, coinvolgendo anche altre strutture dedicate ai malati di Alzheimer.
Il nostro obiettivo – continua – è anche quello di far crescere, sul territorio, personale specializzato per questo tipo di attività, attraverso una formazione specifica , in linea con i recenti orientamenti dell’Istituto Superiore di Sanità che ormai riconosce le attività assistite con gli animali come co-terapie importanti, in affiancamento agli interventi sanitari veri e propri”. (Sa.Simo)
da Orvietosi – 26 aprile 2016 – Articolo di Sara Simonetti
Quattro medici senza camice alla “Casa di riposo San Giorgio”